- 28/12/2020
- Redazione
- 165m racconta il territorio
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Casa Lina
Casa Lina è una delle tappe della nostra esperienza guidata "Marmore Segreta". Ci si ferma lungo la strada e si guarda soltanto da fuori, ciò è sufficiente per rimanere impressionati dalla particolarità della villa, progettata e utilizzata come abitazione privata di Mario Ridolfi.
Grande architetto romano, apparteneva alla corrente del neorealismo architettonico, un movimento che aspirava a leggere in chiave moderna i valori del passato, le sue tecniche, i materiali, i particolari architettonici, con l'intenzione di ricreare lo spazio architettonico e abitativo del borgo, inteso come modello ideale di città.
Ridolfi negli anni '60 si trasferì a Marmore, terra di origine di sua madre, dove ebbe inizio il suo fruttuoso periodo lavorativo detto "ciclo delle Marmore", durante il quale egli progettò e realizzò diverse case e ville, tra le quali, appunto, Casa Lina.
Iniziò gli studi della Casa nell'ottobre del 1963 e trovò la soluzione definitiva solo nel febbraio del 1967, dopo averla ipotizzata in decine di versioni, aggiungendo continuamente modifiche.
Il progetto prevede una stella a 10 punte, generata dalla rotazione di due pentagoni, iscritta in un cerchio di 7 metri di diametro e una pianta centrale, insolita per edifici abitativi.
L'idea iniziale dell'architetto era quella di creare un ambiente completamente aperto, come un grande trullo, ad eccezione della camera da letto, della cucina e del bagno. Per necessità pratiche, Casa Lina è stata divisa in un secondo momento con dei tramezzi.
Il tetto è a falde e sulla sua sommità c'è una lanterna che fa entrare la luce e che la rende simile a un enorme diamante, dono per la sua sposa Adelina.
La presenza della lanterna conferma Casa Lina come una sorta di tempio familiare, uno spazio sacro.
"La casa come cosmo perfetto degli affetti, l'accoglienza del prossimo, nel rapporto dialettico fra l'interno e l'esterno della casa, quindi fra architettura e natura, e infine, summa della ricerca ridolfiana, il segreto che ogni casa possiede, quello spirito di chi vi abita, che si rivela nell'apparente semplicità di una casa colonica."
Il progetto di Casa Lina è una testimonianza delle riflessioni di Ridolfi su geometria e materia: i materiali con cui la casa è realizzata sono un richiamo al territorio di appartenenza di questa villa: la pietra sponga, il travertino che conosciamo bene, che è base, fondamento di questo territorio, estratto dall'area della Cascata già dal XIX secolo, e che ha costituito anche architetture sacre e rinascimentali, non soltanto di Terni. I mattoni rossi, le finestre a losanga, gli elementi in ferro battuto e i "nodi dell'amore", come lui stesso li chiama, come supremo sentimento da evocare nella costruzione dedicata alla sua sposa, la integrano perfettamente in questo contesto peculiare.
Capolavoro romantico e un po' triste, Casa Lina è una vera e propria narrazione che racconta dell'architetto, che cercava di soddisfare i bisogni legati ad un uso ottimale della struttura abitativa, e dell'uomo, perché la sua opera doveva essere in grado di comunicare sentimenti e contenuti: l'amore per la sua sposa, il legame e l'appartenenza alla sua terra d'origine.
Ridolfi abitò qui fino alla sua morte, avvenuta nel novembre del 1984, quando l'architetto si gettò nelle gelide acque di passaggio tra Piediluco e la Cascata delle Marmore.
Questa casa è rimasta come simbolo dell'amore e della volontà dell'uomo di crearsi una cosa come un angolo protetto di mondo, casa come rifugio, una meta ideale, dove trascorrere la vecchiaia e poter recuperare il contatto con la natura circondandosi dagli affetti più cari.
‘Parlava, rapito, della bellezza e del calore della "sua" pietra sponga, materiale ridolfiano d'elezione, poroso, tormentato da cavità che sembrano assorbire e restituire, trasformata, la luce del sole. Io che lo ascoltavo, vedevo nei suoi disegni, palinsesti resi criptici da strati di pentimenti e cancellature, la profezia di una nuova architettura'.
(Giuseppe Strappa)