- 11/06/2020
- Redazione
- Storia e ambiente
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Archeologia tra Cascata e Piediluco
Gli scavi archeologici e i ritrovamenti fortuiti avvenuti nei secoli scorsi a Marmore e nell'area di Piediluco sono la testimonianza dell'esistenza di villaggi organizzati perilacustri e di importanti depositi cultuali già a partire dall'età del Bronzo.
Intorno al 1914 vennero scavate, nei pressi della Cascata delle Marmore, alcune gallerie per ottenere, grazie alla forza dell'acqua in caduta, maggiore potenza negli stabilimenti che producevano carburo. All'interno di una di queste (la galleria del Toro) dopo un primo tratto scavato nella roccia calcarea compatta, gli operai si trovarono di fronte a una massa di tufo e di sabbie gialle: qui vennero rinvenute una grande fibula ad arco in bronzo e un vaso in impasto non tornito. Si trattava, probabilmente, di una grotta frequentata a scopo cultuale dalla Media alla Finale età del Bronzo (XVII-X sec. a.C.).
A Cor delle Fosse, sempre presso Marmore, sui bordi di una delle grandi fosse che convogliano le acque del Velino verso la Cascata, furono ritrovati un grande vaso tronco-conico pieno di sabbie miste a ceneri e, collocati intorno ad esso, altri oggetti consistenti in pesi da telaio e rocchetti. La tipologia degli oggetti legati alla tessitura e alla filatura hanno portato all'affascinante ipotesi di un culto alle acque legato al mondo femminile.
Nel 1868, durante i lavori di sistemazione dell'allora strada nazionale n.30 Terni-Rieti, presso l'antico porto del lago di Piediluco fu casualmente scoperto, in una cavità scavata nella roccia calcarea, un recipiente di terracotta di grandi dimensioni contenente una notevole quantità di oggetti in bronzo (si suppone più di 400 libbre di peso): si tratta del cosiddetto "ripostiglio di Piediluco". Non si è certamente di fronte a una stipe votiva, ma tutto fa supporre di essere in presenza di un deposito a carattere premonetale, come accade per il ripostiglio detto di "Contigliano" nel Reatino.
Nei primi anni Ottanta del XX secolo vennero fatte diverse ricognizioni e furono così individuati circa 30 nuovi siti protostorici, in molti casi a distanze di poco meno di 1 km. In seguito a tali rinvenimenti è risultato modificato il modello di un unico bacino lacustre a favore dell'esistenza, per tutta la durata dell'epoca protostorica, di più bacini. Sia nell'area di Piediluco che in quella reatina si svilupparono abitati perilacustri disposti in aree pianeggianti o, in alcuni casi, nel punto di raccordo delle pendici di bassi rilievi con la sottostante pianura (il Rivo, la Mola, Podere Colle d'Agnano, La Bandita, ecc.); questo dato emerge soprattutto in relazione all'età del Bronzo Finale (XI-X sec. a.C.).
Nel Bronzo Finale nell'area del lago di Piediluco si assiste alla crisi del sistema insediamentale (crisi già in atto nel Reatino dal Bronzo Medio), forse conseguenza delle condizioni climatiche sfavorevoli e dell'innalzamento del livello di riva. Quindi nella prima età del Ferro si sviluppa un vero e proprio insediamento protourbano a Terni.
Il distretto ternano dovette entrare nell'orbita romana nei decenni iniziali del III sec. a.C., immediatamente dopo la conquista della Sabina portata a termine nel 290 a.C. dal console Curio Dentato, che di lì a poco dette il via ai lavori per la creazione del famoso Cavo Curiano, quello che ancora oggi convoglia le acque del fiume Velino verso la Cascata delle Marmore.
Attualmente, nelle vicinanze della Cascata è possibile scorgere un ponte romano risalente all'età Augustea: si tratta di ponte del Toro, lungo circa 20 metri con arcata composta da 16 cunei regolari. Situato sulla riva sinistra del Nera, ha una posizione obliqua rispetto al letto del fiume che in età romana doveva avere un tracciato diverso.
Alcuni dei reperti protostorici rinvenuti a Marmore e numerosi reperti provenienti da diversi siti ternani e dalle zone limitrofe (compresi in un periodo temporale che va dal Neolitico alla tarda antichità) sono esposti al museo archeologico di Terni.
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